Caro catechista,
vorrei, in questo momento condividere questa situazione di emergenza tenendo lo sguardo rivolto al Crocefisso, con la preghiera che don Pasquale aveva composto quando abbiamo restaurato il crocefisso ligneo del XVIII, ora è situato sul presbiterio della chiesa dello Spirito Santo. Si legge e si prega: “apri il nostro cuore perchè ciascuno abbracci la croce di ogni giorno e con gioia possa annunciare ai fratelli che dopo la morte, c’è sempre la resurrezione”.
Se ci pensiamo bene, noi siamo chiamati ad essere testimoni di Gesù, abilitati ed autorizzati a parlare di Lui e, soprattutto del suo destino che è sofferenza, morte e resurrezione. Questa è la nostra speranza e la nostra fede si fonda su questa verità, Cristo è morto ed è risorto.
Gesù prima di essere assunto in cielo, da il mandato ai suoi discepoli: andate, annunciate, battezzate, rendete ogni uomo e ogni donna miei discepoli, io sono con voi fino alla fine del mondo. Noi educatori abbiamo risposto a questo invito e siamo diventati collaboratori di Dio per la gioia dei fratelli.
Essere collaboratori di Dio, vuol dire parlare di Lui ai fratelli, tanto più ai ragazzi /e che incontriamo sul nostro cammino, meglio che i genitori affidano a noi. Iniziative, modalità per rendere interessante la vita di Gesù ne abbiamo elaborate, in mille modi: di questo ne sono convinto, perchè di carta nel ho consumata ed ora il ciclostile sta riposando. Penso che nel vostro cuore ci sia inquietudine e impotenza in queste settimane, perchè sembra che la routine quotidiana si è paralizzata e forte la preoccupazione di dire: il programma è incompleto, questi ragazzi/e non sono preparati, le tappe sono a metà, la progettazione fatta rimane lì sul foglio, se guardo l’agenda ormai i prossimi mesi sono già zeppi di appuntamenti e, così cresce l’ansia e la rassegnazione.
I collaboratori di Dio non si rassegnano, i collaboratori di Dio sanno sfidare la notte della paura e dell’agitazione, perchè sono discepoli di Gesù. Papa Francesco sostiene sempre che lo Spirito Santo arriva prima di noi, ed ancora si può evangelizzare anche con il silenzio.
Cosa vorrei dirti?
Penso che, senza preparare l’incontro di catechismo, tu stai già facendo il catechismo con il cuore e con la preghiera. Ricordare nel tuo cuore il volto, la storia di quel ragazzo/a e la sua famiglia, già questo è un modo di evangelizzare, se poi questo gesto è accompagnato dalla preghiera, tu stai adempiendo al mandato di catechista. Don Giuliano Lonati che è stato missionario in una città di Samsun in Turchia, città di 531.997 di abitanti, solo in 10 erano cristiani, tutti gli altri musulmani. E’ rimasto li per 7 anni. Aveva impostato la sua giornata così: “io parlo a Dio di questa situazione di solitudine e di minoranza, ma parlo di Dio ai fratelli che incontro, con la mia testimonianza di fedeltà ai valori quotidiani della vita”. La situazione nostra è diversa, ma questo ci dice una cosa importante: i nostri ragazzi/e hanno memorizzato nella mente e nel cuore il nostro impegno, la nostra costante presenza, la nostra dedizione, il nostro affetto, il nostro voler bene nel nome del Signore.
Penso pure che questa situazione che stiamo vivendo, aiuti tutti noi a valorizzare di più il tempo, a capire che i rapporti sociali sono belli, ma occorre cercare di fare un giusto discernimento. Capita spesso di parlare con le persone ed anche con i preti, e il più delle volte mentre parli con loro suona il cellulare, senti lo squillo del messaggio che è arrivato. Diciamolo apertamente: manchi di rispetto, perchè il tuo cuore e la tua mente devono essere concentrate sul quel momento, non su altro, perchè manifesti distrazione e scarso interesse.
Penso che questo tempo – che non è di riposo – possa essere occasione per dire: con quale passione ho voluto dire quella cosa di Gesù ai miei ragazzi? Il Signore mi sta chiedendo che non sono io il padrone del tempo … allora vive bene il momento presente.
Penso pure al momento della ripresa, da vivere come la quiete dopo la tempesta… quella tempesta – come ci ricorda il Vangelo – che è stata sedata dal Signore. Nel momento della paura i discepoli erano sulla barca, il mare era agitato e il vento era forte, addirittura l’acqua entrava nella barca. Gesù era lì presente. La sua voce e la sua presenza tranquillizza e rasserena tutti.
Raccogliete le loro preziose testimonianze che vi comunicheranno. Testimonianze che saranno belle, perché hanno vissuto più tempo con i genitori, i nonni, le nonne e hanno imparato a conoscerli meglio. Gesù ha imparato tanto da sua madre Maria e da Giuseppe e i riferimenti che fa nel Vangelo, hanno la conoscenza ed il sapore dell’esperienza familiare.
Penso che al rientro siano i nostri ragazzi/e ad insegnarci qualcosa… qualcosa che ha a che fare con la famiglia, i suoi affetti, i suoi sentimenti, i suoi pregi e difetti. Si, la famiglia può diventare il soggetto capace di evangelizzare e forse, da parte nostra, più che strumenti da consegnare alla famiglie, occorre noi sentirci parte del vissuto di ogni famiglia, perchè il seme del Vangelo è posto nel cuore di ogni famiglia.
Scusami per la lunghezza, però mi sembra giusto e doveroso dialogare con Voi, per ringraziarvi e per dirvi che anche se non vi vedo, vi porto nel cuore e nella mia preghiera e che continuate a distanza ,ad essere sempre educatori alla fede e alla vita dei ragazzi/e.
Un abbraccio.
Don Piercarlo