09 aprile 2020
Abbiamo ascolto quello che Gesù ha fatto nell’ultima sera trascorsa con i suoi discepoli. Ha compiuto un gesto prima di congedarsi, e come eredità dona se stesso… Lui che si è fatto servo, nostro servitore. Questa è l’eredità: anche voi dovete essere servitori gli uni degli altri. Una eredità molto strana, ma vera.
Gesù si congeda così, perchè sa che l’amore è fatto di carità e di perdono… Pure noi dobbiamo amarci gli uni gli altri , pure noi dobbiamo essere i “ servitori” dell’amore di Gesù. L’eredità che Gesù ci lascia è racchiusa in due gesti: la lavanda dei piedi un gesto che veniva fatto dagli schiavi, i servi lo facevano ai commensali e la sua vita. Che eredità strana! Questa sera tralasciamo la lavanda dei piedi, però possiamo dire non la facciamo qui fisicamente in chiesa, ma la stanno facendo i medici e i volontari negli ospedali, prendendosi a cuore i malati, offrendo competenza medica, ma anche consolazione nella fede. Pure loro sono servitori dei malati. La figura del medico, come quella di tutte le persone di buona volontà che sono a contatto con i malati, in queste settimane svolgono una serie di compiti oltre il loro lavoro. Concordiamo tutti nel dire che sono operatori sanitari, ma anche operatori di misericordia corporale e spirituale. Penso che possiamo leggere la tanta solidarietà che c’è da tutte le parti del mondo, come servizio al prossimo; un allenare il cuore e le mani verso chi è nel bisogno.
Da questo Vangelo della passione di Gesù, mi vengono alcune riflessioni dal profondo del cuore.
• Il desiderio di Gesù di consumare questa pasqua con i suoi discepoli. Un desiderio strano, fatto in un contesto di festa. Un desiderio impopolare.
• La situazione dei suoi discepoli: sanno che serpeggia nell’aria qualcosa di strano: c’è curiosità, c’è sorpresa, c’è disponibilità nel proteggerlo. Che strana situazione.
• Il momento della prova, quando lo arrestano: un bacio e subito ecco la solitudine. Scappano via è li solo. Che strana vicenda.
• Il pianto di Pietro: Signore non ti accadrà nulla, devono passare sul mio corpo. La promessa di Gesù si realizza: il gallo per tre volte canta e la sua spudoratezza nel mentire, nel negare: non conosco quell’uomo. Che strani amici.
• I discepoli che presi dalla stanchezza si addormentano, sembrano quasi indifferenti, insensibili. I loro occhi si erano appesantiti ed è meglio abbandonarsi nel mondo dei sogni. Che strana vicinanza.
• L’insistenza dei capi dei sacerdoti e di tutto il sinedrio di voler eliminare Gesù dalla faccia della terra e queste interrogazioni che fanno per raccogliere consensi. Vogliono dire: noi abbiamo in mano il polso della situazione e la gente fa quello che noi diciamo in nome non della verità, ma dalle nostre decisioni.
• L’onestà di Gesù nel dire la sua identità fino alla fine, cercando nelle poche parole di illuminare non solo il suo destino, ma quello di ogni uomo.
• Il silenzio di Gesù difronte a chi lo schiaffeggiava…
• Ci sarebbero da dire altre cose, mi fermo. E’ una vicenda questa strana, ma in questa stranezza c’è una vita, un cuore, un uomo, con un volto preciso, con una storia nuova che contagia la nostra vita e la rende felice. Chi siamo noi Signore per meritare tanto riguardo e rispetto? Chi siamo noi, per essere raggiunti dal tuo amore, essere avvolti dalla tua tenerezza… chi siamo noi?
Insieme a voi, chiediamo al Signore – questa sera -, due doni.
1) Aiutaci a capire fino a che punto il nostro servizio è solo un dovere riconoscente e grato, da ciò che deve essere fatto solo per amore, come risposta alla tua vita donata. Aiutaci anche ad essere capaci di amare, senza nulla chiedere in cambio. Ci accorgiamo che non sappiamo amare come Tu ci hai insegnato. Troppi però, troppi ma, troppe pezze giustificative, paralizzano la nostra volontà di amare.
2) Aiutaci a capire se siamo disposti ad aiutare e servire i fratelli e le sorelle solo per amore, perchè tu sei venuto per servire e il tuo servizio è stato simile a quello dei servi. Umiliò se stesso, facendosi obbediente, fino alla morte e alla morte di Croce… Aiutaci a vivere come te. Abbiamo bisogno di capire che l’umiltà non è una sconfitta, ma è la condizione per essere fedeli discepoli di Gesù.
Il Signore non si stanca di noi, anzi, ogni giorno ci dice: fate questo i memoria di me, nell’attesa del mio ritorno. Ogni volta che celebriamo l’Eucarestia, non ci dimenticheremo mai di questo Tuo amore appassionato e forte, pensando a come poter servire meglio Dio e il prossimo, per essere portatori di gioia.